Putinstan: Prefazione di Milena Gabanelli by Giorgio Fornoni

Putinstan: Prefazione di Milena Gabanelli by Giorgio Fornoni

autore:Giorgio Fornoni [Fornoni, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere


Lo smantellamento dei sommergibili nucleari

La stazione di Severodvinsk è deserta. Sono le cinque della sera, ma è già buio. Scendo dal treno dopo trentasei ore di viaggio da Mosca, nel pieno dell’inverno dell’Artico russo. Il termometro segna -35 gradi. Per quasi due giorni ho attraversato una pianura dall’orizzonte infinito, ammantata di bianco. Unica traccia della presenza dell’uomo, gruppetti isolati di case collegate da trincee di neve, il fumo dei camini, rare stazioni di passaggio. Nella distesa bianca, si intrecciano le piste degli animali, ma la vita sembra ferma, sospesa in attesa della primavera. C’è una grande pace tutt’intorno, mentre il sole, appena sopra l’orizzonte, filtra tra i rami di betulle, larici e abeti, creando magici giochi di luce, come la trama di un tessuto irreale che svanisce in poche ore.

Sono accompagnato nel mio viaggio da Vladislav Larin, il giornalista russo esperto in sommergibili nucleari, e da un giovane interprete, Marco Gilardi. Ad attenderci alla stazione ci sono quattro giovani in giacconi di pelle, berretti e guanti di lana, tutti di colore nero. Dicono di essere dipendenti della Svesdovska, l’agenzia di smantellamento che mi ha accreditato per il servizio, ma ho subito il sospetto che tra loro ci siano anche almeno due agenti del Kgb. Il freddo è intenso, toglie il respiro e la mia prima preoccupazione è se e come riuscirò a usare la telecamera per le riprese.

Ho atteso questo momento per tre anni. Tre anni per ottenere il permesso di seguire i lavori di smantellamento e messa in sicurezza dei quasi duecento sottomarini nucleari un tempo orgoglio della flotta sovietica, ormai ridotti a carcasse arrugginite nei porti del Mare di Barents e della Siberia. Il loro cuore nucleare e i missili che hanno ancora a bordo sono un incubo per il mondo, una bomba a tempo, con un potenziale distruttivo infinitamente più devastante di quella sganciata su Hiroshima.

Le armi di distruzioni di massa in mano a Saddam Hussein si sono rivelate un bluff, l’alibi per l’intervento militare degli Stati Uniti in Iraq. Ma queste esistono davvero. E quelle che fanno più paura – sia per le condizioni nelle quali si trovano oggi, sia per il rischio di un possibile uso da parte di gruppi terroristici dopo l’11 settembre 2001 – sono quelle ereditate dall’ex impero sovietico. Gran parte del suo arsenale atomico è stato dismesso nei primi anni Novanta, ma, come abbiamo visto, smantellare il nucleare è un’operazione estremamente costosa e ad alto rischio, che la Russia di Putin, all’alba del nuovo millennio, non è in grado di affrontare da sola. Nel 2002, in Canada, i signori del G8 hanno deciso di stanziare 20 miliardi di dollari per la messa in sicurezza delle armi di distruzione di massa sovietiche, nucleari e chimiche. Un lavoro gigantesco che, stando ai programmi, impegnerà Europa e America per dieci anni. Anche l’Italia verserà un miliardo di euro. Io sono qui per vedere quali sono i problemi e le incognite di questa autentica sfida, dalla quale potrebbe dipendere la sicurezza di tutto l’emisfero nord.

Saliamo a bordo di un malandato pullmino fumante e arriviamo sotto un casermone di cemento.



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